Cosa ci fai tu, qui, con un fiore tra i capelli?

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Tra metafisica e psicanalisi, il romanzo è una sfida del tempo ideale al tempo empirico, delle “sequenze mutilate” dalla Storia, che racchiudono i palpiti e i sussurri inconsci del mondo, alla fattualità bruta della Storia stessa.
La Possibilità, dea celeste nascosta in un giaciglio di perle rifrangenti, viene richiamata proprio tra queste sequenze temporali, a scrutare il senso profondo di una storia, lasciata in stand-by da due nevrosi, di Maria e Gianmaria, e da un’emozione troppo intensa, che chiede ancora una potenzialità per l’incontro, proprio quando sembra sconfitta dalla morte di lui.
Il Tempo trova Maria nel quadrato assolato di un cimitero di campagna, trent’anni dopo; ma davanti alla tomba non è sola: c’è la figlia Celia, con un fiore tra le mani.
Celia vede in Gianmaria, rispetto una famiglia disgregata dall’abbandono del padre Paolo, la possibilità di un amore ancora fecondo, perché intatto nella mamma e nella tomba il luogo, sospeso tra sorprendenti fenomeni atmosferici, per curare il proprio concepimento e creare un DNA magico ed elusivo di ogni necessità biologica.
Per Maria, la presenza di Celia diviene la testimonianza del valore della propria storia, il tramite per rendere vivo il proprio sentimento, con uno slogan che si snoda in seno alla storia: Ciascuno è figlio del proprio fiore.