mercoledì 22 novembre 2017

Come i vecchi giochi

Vai a est per rinascere,
e oblii l’ovest 
oblii il sud
oblii il nord.
Non ti biasimo,
ti guardo 
come guardano gli uomini i giochi
 di quando furono bambini:
ho addosso un po’ d’incanto e un po’ di pianto 
scoprendo che mi sembravi molto grande
e spesso anche reale
e forse non eri né l’altro e né l’uno
però stringo al petto la tua pelle
che hai dimenticato sul letto stamattina
bevo dal tuo bicchiere
osservo coi tuoi occhiali.
Non so come mi sento
di vento e di foglie 
di terra grondante
di cose lasciate.
M’impolvero,
risplendi. Ti tengo il conto
dei tuoi giorni più vecchi
delle rughe e dei filati
dei tuoi passi tra le vie
delle piogge e dei cappelli bagnati.
Mi spiace un po’ per la finestra 
che non più aprirai
per quella pianta che hai lasciato
e che sfiorisce -non la innaffio,
vuol morire-.
Mi spiace un po’ anche per l’acqua
che non più gocciolerà dai rubinetti
e nella tua gola
e nella mia gola
per i libri non letti
per le odiose caramelle di liquirizia
che non mangeremo controvoglia.
E per le parole insensate
che non ci diremo
di notte, per le medicine
che non sfasceremo con speranza,
quante siringhe non saranno iniettate
quanti rantoli non saranno esalati
non diremo “domani”
pur sapendo di mentirci.
Forse più di tutto mi dispiace
che non moriremo neanche
perché non saprò della tua morte
e non saprai della mia morte
e la morte esiste solo se saputa
e come potrò ricordare 
qualcosa che non ha avuto
il cuore di morirmi vicino
di farsi accarezzare scomparendo?
Vai a est, rinasci.
Ti tengo qualche maceria
qualche fiore reciso.
Ti tengo il viso
immacolato
e gli occhi in un altro cassetto
mi prendo cura di qualche luogo 
che per caso hai sfiorato.
Non ti ricordo. Porto il mio tributo
a una lapide vuota.
Certo, mi dispiace un po’
che non mi hai aspettato.
Certo, ho più dubbi oggi 
di esser mai stato.

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