lunedì 12 gennaio 2015

Non-memorie travestite da hula-hop e altre negazioni, se (non) vuoi

Sei forse un esercizio di forma e -lo capisco bene- sei qui a portarmi via un po' di periodi dalle frasi, qualche capitolo dai libri, molti numeri dalle liste. Sei qui a ridurre, a cadere dagli alberi tutte le foglie tranne una - "LA foglia",  sembri poi dire allusivo-, a sbriciolare la crosta dal pane, a togliere dagli album le foto, dai calendari i giorni.

Sei l'antitesi del ricordo -dove io affastello, tu metti una mancanza-, impili pozzi, voragini, hula-hop, cerchietti, dita congiunte a creare tondi imperfetti, occhiali senza lenti. 

Sei l'antitesi della punteggiatura, ché la punteggiatura continua e ferma, tu invece no: non continui e non fermi, mi tiri su i punti e le virgole con una canna da pesca, miniaturizzi la maiuscole, attorcigli i punti esclamativi e li aggomitoli in punti di domanda, grandi e solitari. E così non comincia, non finisce, non prende fiato la nostra frase, si appiattisce il colore dentro i segni, non pianti, non risa, non. Tutto in valore assoluto, tutto difeso, come una roccaforte. Non. Non palindromico, come lo giri va bene. Non che poi lo accarezzi e di notte lo sogni, sogni l'affermazione dopo il non-.

Tu non continui e non fermi, mi srotoli la strada in un tapis roulant di grigi palazzi a cui si staccano le finestre, di insegne da cui colano giù tutte le lettere, di manichini che perdono braccia, gambe e anonimi volti, di stagni a cui si prosciugano le acque e le anatre e i cigni, di macchinari che cigolano via tutti i pezzi.

Sei l'antitesi del sonno - in te non si riposa e poi da te Giganti e Golia, Goya e Dalì-, ma anche della veglia - mi svuoti le tazzine del caffè, riarrotoli la farfalla indietro nella crisalide (ma sempre con un bacio attaccato alle ali), separi le ciglia-. 

In te non si dorme e da te non ci si sveglia, e non date e non anni e non rospi che si trasformano in principi, non lieti fine, non dicotomie consuete, ma pozzi e hula-hop e non-ricordi.

La tua sfida è una fionda senza sasso che tira tutto indietro: il passo nell'impronta, la mano nella tasca, la primavera nel letargo, l'acqua nel ghiaccio, lettere a scomparsa, a scompars, a scompar, a scompa, a scomp, a scom, sco, sc, s,                                    , e poi tutto avanti quando rilasci la fionda, riappari all'improvviso - da ieri o da domani?-, mai da dove ci eravamo lasciati, dalla tua ultima presenza o apparizione, più spesso da una faglia tra le rime, da un non-tempo sull'orologio.

E mentre mi dici, silenzioso, delle cose che non rimarranno -perché tu tutto ti porti indietro, al passo prima, al prima del poi, ché ancora possa accadere-, trovo LA foglia tra le foglie che hai caduto, LA foto senza l'album, il centro del pane, IL giorno senza anno, sorprendentemente permanenti, mentre tu parli male di te e dici -appena più forte, adesso, più forte perché sei meno sicuro- delle cose che non rimarranno. E io, che non ci credo al male di te, imito te che lavori di sottrazioni e te lo cancello, un po' alla buona, con la gomma.

Sei un esercizio di forma e io ti cammino sulle assenze e ti giro sulla vita -mai vorrei far cadere le circolarità eterne di cerchietti e non-memorie travestite da hula-hop- e, intanto che ti giro sulla vita, ti vedo l'insicurezza affacciata, disseminata tra i non, che non ferma e non continua, solo si affaccia dai palazzi senza finestre e in un non-abbraccio ti dico -è forse quello che speri, la ragione per cui togli, la curiosità primaria-: sono ancora qui, se (non) vuoi.



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