giovedì 20 novembre 2014

Anna è il vento dietro la vela

Parola del giorno: strabordare

Anna non vede i bordi, scrive fuori, cammina fuori, ama fuori.
Succedeva già da piccola, che disallineasse le file di formiche che, facendo un gran lavoro, dividevano in rettangoli il pavimento in terracotta del balcone.

Anna vive fuori dal suo nome, non chiederle come si chiama. 
Lei vive intorno ad Anna. Gira intorno all'A aguzza, inciampandosi nel suo picco, si riposa sulla gobba delle N, poi scende dalla curva della "a" minuscola e cinge allora il lato inferiore delle lettere.
Questo suo movimento intorno alle cose fa il suono delle scarpe dei pastori sul presepio: assomiglia ad un'attesa, l'attesa di chi non sa nominare, perché è tagliato fuori. Così i pastori non sapevano cosa andavano a trovare perché erano macchie in mezzo al muschio, erano un niente intorno a un tutto. Servivano al presepe e servivano a far accadere la nascita, lambivano la grotta come un lenzuolo intorno a un corpo. E non nominavano. E non sapevano.

Così Anna percepisce la fenditura, i contraccolpi, le smorzature che il nome imprime sul vuoto tutt'intorno. 
Diventa lo spazio che accoglie la lama, il tondo etereo che si piega all'orologio, la profondità del bacio, il lascito dell'impronta.
Senza bordi, strabordando, è tutte le ombre insieme, messe a ventaglio. 

La ferisce lo strappo al foglio di carta, ché lei diventa la voragine tra un margine e l'altro. La ferisce il pennino della penna, che separa le parti bianche del foglio.
 E l'onda sulla battigia, che incurva e solletica l'aria, quella la fa ridere con risate grandi e grosse, le spalanca tutta la bocca. 
Certi nomi, anche loro, sembrano mani che giocano con la pelle del vuoto: sono quelli con tante doppie, prova a toccarla con un "hullallà" o un "trallallà", vedrai come chiude gli occhi, vedrai come salta, le "L" sembran molle che increspano di schiuma un cielo tutto azzurro, gli accenti son discese ardite, le t e le h la vetta dello scivolo, la rosa dei venti del nulla.

Ma Anna è poi anche lo spazio intorno a un'ape senz'ala, caduta in due centimetri di terra. È carnefice, allora, un po' digrigna i denti, un po' piange lacrime salate. Ha ucciso, ha imprigionato. È tutta la colpevolezza di un terreno arato, che ha soffocato l'ultimo fiore: si vede, si vede lì, a chiudergli la corolla dal dolore.

Ogni tanto cova amore, è il guscio di un grande uovo: le succede a fare l'"extrabordo" di quei grandi alberi tondi, che tagliano i giardinieri. Allora è lo spazio che gronda la pioggia sulle foglie amputate, sulle forme arrotondate, sugli scarabei luccicanti, le edere soffocanti, sulle cavità del tronco che mettono in letargo i ghiri, sui rami intrecciati dei nidi.

Anna straborda: è il vento dietro la vela. 
Il vento leggero, il vento in burrasca, il vento che, qualche volta, manca. 


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